Comitato Regionale

Emilia-Romagna

Guardati "col" tuo vicino. Una diversa idea di sicurezza

Il lavoro sui problemi sociali del paese che l'Uisp intende portare avanti è marcato da una profonda distanza dalla vulgata che i media e la politica cavalcano, spesso con precisi interessi.

Un torneo di judo dell'Area Discipline Orientali Uispdi Vittorio Martone


BOLOGNA - Il lavoro sui problemi sociali del paese che l'Uisp intende portare avanti è marcato da una profonda distanza dalla vulgata che i media e la politica cavalcano, spesso con precisi interessi. Di fronte alla crescente ossessione della sicurezza, l'Area Discipline Orientali intende proporre metodologie di lavoro ed analisi concrete che siano fondate su una critica lucidità e su pratiche innovative. Ne abbiamo discusso con Franco Biavati, presidente nazionale dell'ADO.

Il "problema" della sicurezza impone un'analisi dettagliata sia delle reali condizioni di vita nelle nostre città sia della natura stessa di questo concetto. Qual è il tuo giudizio sulla concezione diffusa di questo termine?
"La nostra riflessione su tutto ciò che riguarda il tema della sicurezza è partita proprio da un'analisi dell'interpretazione di questa parola, degli aspetti reali ad essa connessi e dell'investimento che la politica ha fatto su di essa. Noi siamo convinti che la percezione distorta della realtà contribuisca molto ad alimentare il senso di precarietà e di disagio delle persone. Il vero problema è che l'insicurezza deriva non soltanto dalle preoccupazioni delle persone sulla propria incolumità, ma anche da quelle sul disagio sociale, sulla mancanza di collanti e sul sistema educativo. Tutto questo bagaglio di timori si riversa in maniera immediata su un solo capro espiatorio mentre bisognerebbe prestare attenzione alla presenza di una realtà molto più complessa, a cui la politica di destra dà la solita risposta immediata e banale che non serve a nulla. Basta semplicemente ripercorrere la storia degli interventi proposti: prima il poliziotto di quartiere, poi i militari, adesso le ronde".

Il sistema delle "ronde" si basa su un presupposto: la trasformazione del singolo cittadino in controllore. Quali rischi vedi connessi a tale premessa teorica?
"Ribadendo quanto detto, ovvero che le ronde non rappresentano una soluzione né in termini di presidio del territorio né di prevenzione degli episodi di violenza, io vedo due rischi fondamentali: da un lato il ritorno a forme di milizia di partito di cui la nostra storia ci insegna a diffidare, dall'altro la gestione di situazioni complesse sulla base di una completa insufficienza di competenze. Dovrebbe essere chiaro a tutti che un contesto di rischio, di confusione o di aggressività collettiva, se gestito da incompetenti, rischia di amplificarsi anziché di ridursi. Questo perché ogni conflitto va gestito sul piano psicologico prima ancora che su quello fisico, mentre molto spesso alle persone mancano gli strumenti per controllare la propria aggressività".

Quale credi debba essere il ruolo dell'associazionismo in questo contesto?
"Sicuramente quello di partecipare alla risoluzione dei problemi. La riunione di semplici cittadini accomunati da interessi condivisi, infatti, va incentivata sempre di più ma in funzione, crediamo noi, della riqualificazione e del recupero degli spazi urbani. Il cittadino, in forma collettiva, può e deve essere partecipe delle scelte sulla vivibilità dei suoi spazi. Questo è il ruolo della cittadinanza, essere promotore di iniziative critiche che servano al progresso collettivo, e non quello di sostituirsi alle forze dell'ordine. È importante rilanciare sempre di più la presenza nei nostri quartieri di spazi di socializzazione, contrastando quella che in maniera un po' troppo tecnica si definisce 'desertificazione antropica'".

L'Uisp, con i suoi circa 160 Comitati sparsi in giro per il paese, ha un radicamento sul territorio davvero notevole. Che funzione possono avere queste sedi nel percorso che tracciavi?
"Sicuramente possono rappresentare nuove cellule di base per intercettare i cittadini e le loro proposte sui più diversi ambiti di interesse, non solo connessi all'attività motoria organizzata. Ma soprattutto essi hanno il compito di fungere da catalizzatori di quelle proteste sociali che puntano al raggiungimento di forme diverse di vita urbana. Noi come Uisp abbiamo il compito di sostenere queste critiche e queste proposte di integrazione del corpo con la vita in città".

In che modo pensate di strutturare le attività della vostra Area in risposta a queste riflessioni?
"Abbiamo individuato tre aree di intervento sui cui lavorare. In primo luogo la formazione tecnica e relazionale per specifiche categorie professionali quali le forze dell'ordine e gli operatori nell'ambito della sicurezza. In tal senso abbiamo già coinvolto i vigili urbani ed alcuni corpi speciali della polizia e dell'esercito che hanno chiesto a delle nostre società sportive di formare su questi temi i loro operatori. Si tratta di un importante segnale, proveniente da molte persone, che però mette in evidenza come la formazione degli operatori della sicurezza sia lasciata in molti casi all'iniziativa privata. La seconda riguarda invece il tema più vasto della formazione alla consapevolezza e alla difesa personale, rivolto in particolare ai soggetti che il contesto sociale ha reso 'deboli'. È un settore di lavoro che richiede molta serietà e una premessa di onestà: è difficile dotare le persone di strumenti efficaci di difesa. Quello che però ci interessa di più è avviare un percorso che, attraverso il rapporto con il corpo e gli altri, porti a fare i conti con la percezione di sé, dei propri limiti e della propria autostima. Questi corsi devono essere proposti in maniera intellettualmente onesta e devono essere realizzati con partner riconosciuti come gli uffici della questura, gli avvocati, le associazioni femminili e gli psicologi. Il terzo terreno sul quale ci muoveremo, e su cui stiamo organizzando un corso di formazione per la fine del mese, è l'intervento sull'area giovanile e sugli aspetti relazionali e l'aggressività. Ci teniamo a sottolineare che su questi temi sentiamo una grande responsabilità e che il lavoro che stiamo avviando va nella direzione esattamente opposta alle risposte 'di mercato' che cavalcano il tema e, spesso, l'ossessione della sicurezza".

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